I giganti coi piedi d’argilla

Io il Sasso di Simone l’ho visto (da lontano!) in tenera età, quando Viamaggio-Badia Tedalda era La Strada per Rimini, dopodiché soggetto e ricordi, con mia grande vergogna, se ne sono andati in oblio. Qualche tempo fa, la rinascita di una passione per un po’ di puntatine outdoor (che è più “scampagnata” che “fuoriporta” ma non sottilizziamo) me l’ha riproposto come obiettivo data l’imperdonabile lacuna. E in effetti, ragazzi, ne vale la pena, eccome!

Allora, il Sasso e il suo fratellino Simoncello sono dei residui di quando, diversi milioncini d’anni or sono, l’Appennino non era tale e anzi era pure sott’acqua. Anacronistici e destinati comunque a soccombere, dato che i due massicci calcarei poggiano su instabili fondi argillosi continuamente erosi, da cui conseguono i vistosi e continui crolli dei bordi. Vengono peraltro offerti panorami e peculiarità tanto aliene quanto spettacolari, ecosistema compreso.

In termini trekkistici, i due Sassi dell’Alta Val Marecchia possono essere avvicinati da nord (CAI118 dalla Cantoniera, lungo la Sp84 per Carpegna), da sud (CAI61/61b da Case Barboni o dal bel rifugio Casa del Re, sopra Sestino), da ovest (CAI17 da Miratoio). Peste colga chiunque lo faccia con propulsioni non muscolari! Si può approcciare – con medesimo anatema – anche da est (Carpegna o Pian dei Prati) ma per gli aretini forse è meno vantaggioso. L’approccio da sud o da Miratoio consente inoltre l’attraversamento dei grandi e policromi calanchi (argilla disseccata a lamelle, ricca di minerali e che sotto continua azione pluviale forma ripidi e nudi valloni).

La nostra contestuale esperienza, datata agosto 2010, parte da Miratoio (a/r circa 18 km, comprese girovagazioni varie) seguendo sostanzialmente il CAI17, attraversando gli splendidi pascoli, costeggiando i calanchi di Peschia fino alla enorme cerreta della Banditella (dove si rinvengono frequenti segni di lupi, eh! eh!…), entrando da nord tra i due Sassi e aggirando il Simone fino ai miseri resti della Città del Sole, malsana idea medicea di cittadella sul Sasso ad uso fiscal-burocratico e fortilizio di presidio del tardo ‘500. Prima ancora si ventila di un’antica abbazia benedettina.

 

I due Sassi e il percorso in contesto. In primo piano gli irti calanchi sud, mentre a sinistra si vedono parzialmente i calanchi di Peschia. Il confine Toscana-Marche gira attorno al Simoncello e passa poi in mezzo ai due, in modo tale che il Simone è di qua e il Simoncello di là. La risoluzione altimetrica (DEM mediante SRTM) utilizzata dalle mappature free purtroppo arrotonda moltissimo l’orografia del luogo.

 

“Ahò, che barba! e mo’ che vònno questi?” sta pensando il bovino. La zona attorno ai Sassi è un immenso, magnifico pascolo e che va attraversato senza tentare corride e avendo cura di richiudere i vari cancellini di perimetrazione.

 

Il connubio di perentorio monito militare e pascolo suona inizialmente strano ma in effetti, durante l’inverno, la zona è (o almeno era) area di esercitazione.

 

Rimane zona militare anche d’estate in termini di campi minati!!! Si cammina di fatto su una coltre di sterco dissecata e ormai parte integrante del suolo, ma tocca almeno guardarsi da quelle … fresche! Col bagnato, le stradelle percorse continuamente dalle mandrie diventano una spessa coltre di fango con affondamenti ed effetti cementizi che conviene assolutamente evitare. Inoltre, nei mesi caldi, occorre premunirsi con efficaci difese da nuvole di assatanati tafanoidi oltre che tener presente il rischio zecche.

 

Scherzi da vacche! Niente segnavia e… qual è il sentiero? Quello più largo e battuto, ovviamente! E così, invero molto sovrappensiero, ci trovammo assai fuori rotta. Meno male che c’era il GPS …

 

Il mitico Sasso Rosso, che già di per sé è uno spettacolo. Se poi sullo sfondo si intravedono le agognate mète l’emozione sale a mille…Di sassi del genere, che non sai mai quando potrebbero stancarsi di starsene lì fermi lungo il pendio, se ne vedono anche sopra l’abitato di Miratoio. Bah!

 

I calanchi di Peschia, visti trasversalmente (i valloni dei calanchi vanno quasi sempre verso sud). Le limitazioni del fotografo e l’uso preminente di fotocamerine tascabili (volete forse portarvi in mano un paio di chili di reflex? prego!) non rendono giustizia alle policromie minerali e ai riflessi che vi si possono godere in una schietta giornata.

 

Il CAI17, dopo essere passato tra i due fratellini, aggira il Simone da sud, attraversando l’immane e frantumata valanga di roccia calcarea una volta parte di un Simone ben più largo. Geologi e archeologi da queste parti vanno in sollucchero. In effetti non è difficile trovare impronte fossili di molluschi o altre forme cacciucchesche ma la loro raccolta è proibita.

Una vista da sud, uscendo dal fiume di pietroni e tornando quindi verso nord in direzione della ripida e dissestata rampa lastricata che sale alla Città del Sole. Siamo anche all’apice dei calanchi sud e il suolo è scaglioso e con aree di vario colore.

Una vista più ampia dal CAI17 che va verso est sui pascoli verso Pian dei Prati. Le due strisce giallastre sul versante del Sasso sono segni di crolli relativamente recenti.

 

Il Simoncello visto dalla sommità del Simone. È più stretto, erto e leggermente più alto del fratello maggiore, ma scalarlo richiede qualche attenzione.

 

La specie di altopiano che costituisce la sommità del Simone mi risulta che una volta fosse pascolo ma ora è recintato e la prateria si è rivestita di una lussureggiante vegetazione. Nonostante il filo spinato, non è difficile avvicinarsi a qualche ripido bordo e constatare la sua fragilità, quindi niente stupide bravate!

 

Autoscatto degli avventurieri dopo il pranzetto alla lapide (recente) che ricorda l’incipit della cittadella medicea chiamata Città del Sole. Abbandonata dopo neanche un secolo, a metà del ‘600, e poi saccheggiata dei materiali edilizi, oggi ne rimane solo qualche muretto sommerso dalla vegetazione.

 

L’imponente e plurisecolare Faggio Solitario (“Faggio del Sasso”), da qualche anno formalmente dichiarato “albero monumentale protetto”. Speriamo che regga alle orde vandaliche che purtroppo arrivano anche qui.

 

Un’ultima vista dai calanchi di Peschia durante il rientro.

 

Normalmente il regno vegetale aborrisce il blu, salvo poi uscirsene con questi alieni e splendidi cardi stellati. Tutta la zona è ricca di vegetazione che risulta quasi esotica agli occhi del metropolitano.

 

La silhouette dei Sassi è inconfondibile, anche con una infima foto da macchinetta con telezoom ridicolo presa dalle sommità del Pratomagno. Poco sotto il Simoncello, a ore sette, il Santuario della Verna e, poco più a sinistra, la caratteristica forma del Monte Penna. Luoghi di altrettanta suggestione seppur di diversa natura.

Per chi volesse saperne di più:

  • sui Sassi insistono diverse aree e parchi tosco-marchigiani; per la ricerca info web, consiglio di partire dalle “aree protette provincia di Arezzo”;
  • vi sono diverse iniziative organizzate di escursioni, comprese di notturne con partenze dai rifugi circostanti: gli astrofili sono avvertiti (ci pensate come sarebbe un dobson dal Simone?);
  • per la cartografia, ritengo che la migliore sia la IGA.

saluti a tutti da Carlo Palazzini