La gorga sotto il tetto

 

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Il gruppo Falco-Falterona costituisce il punto di massima elevazione, poeticamente “tetto”, allo stesso tempo per il Parco, per la provincia e per l’Appennino Tosco-Romagnolo. E’ anche tra le quote automobilisticamente meglio raggiungibili, caratteristica che al solito rivela luci ed ombre.
La nostra meta non è esattamente quella ma non si può scarponare da queste parti senza almeno transitare fugacemente da questa “alta via” e sfuggire l’appagamento che offrono, tangibile o emotivo che sia.
Il target del giorno è infatti la Gorga Nera…
 

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 Pista del Lupo – Parcheggiato alla sbarra del Passo di Piancancelli, si inforca immediatamente il ben battuto sentiero GEA/00 che sale spedito al crinale e che nel contesto è noto come Pista del Lupo e si sovrappone al confine tra le province di FI e FC. Dopo un perentorio avviso che lascia un po’ perplessi, vuoi anche per la stagione, si entra nel tunnel di faggi che sale senza troppe violenze verso il crinale.

 

 

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 Altissima, purissima… – Poco prima di sbucare sul crinale e poco dopo da qualche occhiatina sui precipizi a destra del sentiero, troviamo la sorgente Sodo de’ Conti, la più elevata del Parco, dove si legge l’invito a seguire il nuovo tracciato per non turbare troppo la delicata, preziosa e anche rara natura circostante.

 

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 Crinale – L’arrivo sul crinale GEA/00 (in corrispondenza di un classico “3 confini”, punto di contatto tra FI, FC e AR) è salutato da un vispo sole di mezza estate e, come al solito, non resistiamo dal tentare colorati close-up floreali, combattendo contro l’immancabile brezzolina di cresta (è stato provato che deriva proprio dai tentativi di estemporanei close-up fitoamatoriali: a fotocamera riposta tutto è immobile e silente ma come la si estrae…). L’intruso micologico era invece stato preparato ad arte da dei buontemponi per una sorta di candid camera con protagonisti i pellegrini di passaggio.

 

 

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 La vista del Falco – La prateria sommitale di questi tempi abbonda di mirtillo nero e rosso, purtroppo talvolta attrazione anche di chi poco si preoccupa della strage di natura che si lascia poi dietro.
Quattro passi per la brughiera e siamo già al balconcino del Falco. Lo sguardo spazia su tutto l’arco settentrionale con al centro l’Alpe di S. Benedetto (Il Lavane e l’
Acquacheta), contornata di miriadi di affioramenti marnosi, ma anche giù, sul precipitoso e instabile versante verso Castagno (d’Andrea) e la valle del S. Godenzo, la porta del Mugello.

 

 

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 Segnali – A fronte di qualche precedente esperienza, ora la secca deviazione dello 00 che s’arrampica sul Falterona appare iper-segnalata ed è tutto un biancorosseggiare!

 

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 Tre metri sotto il tetto – La radura di cima Falterona apre la vista d’orizzonte anche verso ovest, oltre al sottostante vallone di Castagno. Con un buon binocolo e aria tersa si possono avere anche interessanti viste sull’area urbana fiorentina.
Il Casentino è a quest’ora controsole quindi da quel lato soprassediamo.

 

Una delle più centrali e più elevate montuosità dell’Appennino toscano, sulla di cui parete australe nasce il fiume Arno, nel fianco occidentale il torrente Dicomano e nella sua schiena i tre Bidenti e il fiume Rabbi: questi tributarj del mare Adriatico, quelli del Mediterraneo.
La sua più alta sommità, nel grado 29° 19′ di longitudine e 43° 52′ 7” di latitudine, fu trovata dal ch. astronomo prof. Inghirami essere 2825 braccia e 8 soldi al di sopra del mare Mediterraneo.
Essa è situata nell’estremo confine della Toscana, e dall’Esarcato di Ravenna, sino dove arrivano per varia direzione dalla parte della Toscana le diocesi di Fiesole e di Arezzo, e dal lato della Romagna i vescovati e antichi contadi di Sarsina e di Forlinpopoli.
Questa montagna è fra tutte quelle del nostro Appennino la meglio rivestita di annosi faggi che ne ricuoprono la sua folta giogana, mentre le fanno ala intorno ai suoi fianchi maestose schiere di eminentissimi abeti, e a loro servono di base selve continuate di castagni.
Da quella sommità della Falterona fra il poggio Mocali, Prato al Soglio e il poggio a Scali, sul giogo onde a Camaldoli si viene, pare che l’Ariosto scuoprisse il mare schiavo e il tosco.
[E. Repetti, Dizionario Geografico Fisico della Toscana, 1835]

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 Sempre dritto – Attraversata l’assolata radura, si continua sullo 00 che comincia a ora scendere sempre più sensibilmente e con fondo da non sottovalutare, tanto da rendere consigliabile in certi passaggi l’appoggiarsi ai fustelli di faggio

 

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 Terrazzi geologici – Sul bordo verso N si aprono frequenti terrazzini di denudate arenarie da dove si godono di volta in volta nuove e interessanti prospettive e panoramiche ma anche detritiche testimonianze dei cataclismi da cui traggono la loro violenta genesi. Voltandosi indietro verso la sagoma del Falterona, fa quasi impressione constatare che discesone s’è appena fatto! Ogni tanto poi, ebbrezza da emozioni e sano buonumore ci pervadono tanto da provocare contegni assimilabili a infantile euforia. No, nelle borracce c’è solo fresca acqua di Calcedonia… che abbia inattesi effetti collaterali tipo quella ferruginosa di Stanlio e Ollio?

 

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 Crocicchie – L’apertura dell’ariosa veduta sul M. Acuto e sul passaggio della rocciosa selletta, dove troviamo la Maestà delle Crocicchie e ulteriori godibili visuali, annunciano la vicinanza dell’omonimo valico dove incrociamo il CAI 17 che prendiamo verso N (dall’altra parte si va a Capo d’Arno). Ora si entra in provincia fiorentina, mentre qui intorno si trovano i possedimenti virtuali di Carlo (operazione “Compra una foresta”), non toccate nulla sennò vi fulmina!
Inizialmente la pista è scoscesa e sconnessa (le solite antipatiche rolling stones) per poi diventare, dopo qualche guado, un più ragionevole tratturo tra fitta faggeta.

 

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Meta! – L’idea di pasteggiare (chiamarlo pranzo è una convenzione ma forse eccessivo) alla fornita area attrezzata della Fonte del Borbotto è attraente ma poco realistica, dato che al dì di festa è preda di fiorentini sin dal primo mattino. Ragion per cui quando troviamo libero e invitante il tavolo isolato, giusto adiacente alla nostra meta e pure privilegiato della tabella segnaluogo, non ci pensiamo certo due volte!
Assolta la sempre grata incombenza, dedichiamo successivamente l’attenzione al cuore dell’area paludosa… pardon, “zona umida”, pullulante di vita vegetale e animale. Basta trovarsi un posticino da cui non si rischia di caderci dentro ed eccoli lì, nel brodino, i
butulicchi della rana temporaria (eloquenti i locali pannelli descrittivi).

 

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 La pozza della Gorga Nera – probabilmente generatasi a seguito dell’enorme frana del Trecento, ha poi subito diversi travagli a seguito dei successivi cataclismi idrogeologici. E’ stata recuperata nel 2007 da parte dell’allora C. M. della Montagna Fiorentina su incarico e finanziamento del Parco. Esistono peraltro vedute contrastanti sull’esecuzione di tale opera, come si può leggere su questo post.

Come descritto dallo storico Giovanni Villani, il 15 maggio 1335 una frana si staccò dal Monte Falterona e travolse il villaggio di Castagno d’Andrea situato sopra l’abitato di San Godenzo (FI) causando vittime e danni, e rendendo torbida, per più di due mesi, l’acqua del Dicomano, del Sieve e del fiume Arno, fino a circa 130 km dall’area in frana. Il villaggio di Castagno d’Andrea, totalmente distrutto dalla frana, venne ricostruito più a valle dove si trova tuttora.
Il Monte Falterona, costituito da una successione torbiditica silicoclastica in facies arenacea con intercalazioni di sottili livelli pelitici, è soggetto a fenomeni di instabilità ricorrenti. Si sono verificate infatti successive riattivazioni del fenomeno: il 18 maggio 1641, il 15 maggio 1827, il 26 febbraio 1960 e nell’aprile del 1969.
[Rapporto frane in Italia, vedi rif.]

Riassumendo, i luoghi maggiormente interessati ai relativi eventi franosi sono stati: Castagno d’Andrea (1335); zona Gorga Nera (1641); Piancancelli (1827); Piancancelli – Balze delle Rondinaie (1960); zona Borbotto (1970).
In tutti i casi, le schede del Progetto AVI (vedi rif.) assegnano agli eventi motivazioni di carattere sismico, erosivo e da precipitazioni.

 

 

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 Borbotto – Il successivo arrivo all’area del Borbotto è annunciato da qualche schiamazzo ma soprattutto da profumi culinari. Una rapida occhiata alle sorgenti e poi iniziamo a risalire lungo la strada bianca di servizio (epoca granducale?) che con ampi tornanti riporta il leggera salita al nostro punto di partenza, in un bel contorno di cascatelle, fiori e cavolaie in posa…

 

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Poggiolino Rosso – La salitella è tutt’altro che pesante ma il percorso compie ampi tornanti (distanza stradale: 3 km e spiccioli), per cui perché non approfittare di una sosta alla panchina con bellavista sulle Balze delle Rondinaie (lì sopra il GEA/00 se ne va verso il Muraglione) e buona parte di locale appennino?

 

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Sul viale del ritorno – Attrazioni di viva natura si propongono continuamente da entrambi i lati della strada, non ci si annoia di certo! Però quando abbiamo l’occasione, imbocchiamo la seminascosta pista che taglia via una bella fetta di tornantone. Al successivo gomito, Gianfranco ne taglierà anche più, ma è roba per scalatori temerari…

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 Pian di Cancelli – Rieccoci infine, diverse ore dopo, al passo-parking. Il luogo è anche area test per localizzazione GPS, dato che uno dei 4 punti nazionali del progetto Target Stars (arguto acronimo spiccatamente anglo-fashion ma di vocaboli totalmente italici) è appunto l’area codificata Piancancelli 03, dove i vertici contrassegnati sono localizzati con accuratezza centimetrica. Un birillo colorato è ben visibile lungo lo 00 che attraversa verso N il Pian delle Fontanelle. A parte le soddisfazioni culturali, lo scarponatore domenicale difficilmente ne trova comunque benefici diretti.

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 Anellino piacevole di poco più di 9 km lordi per 560m di ascensioni totali. La proiezione su BM, oltre alle significative prospettive e all’evidenziazione dei tipici affioramenti marnosi del versante nord dell’appennino, mette bene in risalto marne e arenarie lasciate scoperte da crolli, smottamenti e frane antiche e recenti, come ferite mai rimarginate e pure monito di cosa possa sempre accadere. Chi sa se c’è magari stato un tempo in cui il Falterona era più alto del Falco o addirittura vi era una unica, più alta cima dove ora ce ne sono tre?

Rifermenti:

a) per frane & c.:

  • APAT Rapporto frane in Italia – Progetto IFFI (ISPRA, 2007)
  • CNR, Progetto AVI – Archivio Frane: Regione Toscana (schede eventi);
  • PNFCMF&C, Rete Natura 2000 – Misure specifiche di conservazione (STERNA, 2012);
  • Soc. Geologica Nazionale, Il bacino e l’asta fluviale dell’Arno e del Serchio (Atti di convegno, 1992);
  • Reg. Emilia Romagna – PNFCMF&C Itinerari geologico-ambientali, carta 1:60k (SELCA)

b) per Target Stars (progetto CFS-CRA):

  • aa.vv. Sistema di valutazione e certificazione delle performance di precisione delle tecnologie di rilievo satellitare in dotazione al Corpo Forestale dello Stato in presenza di copertura forestale (13a Conferenza Nazionale ASITA – Bari 1-4 dicembre 2009);
  • aa.vv. Il progetto target stars: le aree test per la valutazione e la certificazione delle performance di precisione delle tecnologie di rilevo satellitare (idem);
  • (con un po’ di campanilismo…) serie di articoli, ben confusi ma forse stimolanti, sul sistema GPS e del suo possibile e sano sfruttamento scarponatorio, pubblicati da ArezzoMeteo (qui l’ultima puntata, che ripropone i link anche a quelle precedenti).

c) per l’area in generale: oltre al link riportato, la categoria Natura in Provincia di ArezzoMeteo.com raccoglie diversi articoli di Simone, la maggior parte dei quali assai nevosi. Sono troppi per linkarli tutti…

 

Saluti a tutti da Carlo Palazzini e Gianfranco Landini