Quattro passi in Appennino


Quattro passi in appennino: la Foresta Camaldolese, il Monte Penna e il Fosso dell’Archiano d’Isola

 A piè del Casentino traversa un’acqua ch’a nome l’Archiano, che sovra l’Ermo nasce in Appennino… [Dante]

Risalendo il corso del torrente Archiano da Badia Prataglia entriamo nella Foresta Camaldolese, uno dei parchi più belli del mondo, che noi aretini abbiamo la fortuna di avere a due passi. La strada sp69 del Fiume d’Isola sale costeggiando il torrente tra altissimi faggi e abeti e su un piccolo tornante ci si trova di fronte al gustoso spettacolo delle “tre cascate” che l’Archiano forma saltando tra le rocce piatte. Poco dopo si raggiunge il “Capanno” (Sentiero Natura 03), a quota 1030m.

 


Il Sentiero Natura 03, o “del Capanno”, è un mirabile concentrato di essenza del Parco: breve ma varia e piacevole camminata ad anello, ponticelli in legno sull’Archiano, cascatelle varie, area attrezzata, acquitrini-nursery di grappoli di anfibi (in primavera), rappresentativa rassegna di alti fusti, percorsi agevolati, tavole di illustrazione e note… Speriamo sempre che la facilità di godimento di questo piccolo paradiso sia costantemente accompagnata al suo estremo rispetto.

L’anello del SN03 è di grande facilità e suggestione ed è interamente “guidato” con palizzate e ponticelli che ne favoriscono il cammino. Da non perdere “il Ponte del Diavolo”. Nel possente bosco, formato da giganteschi faggi, abeti e aceri montani, l’altezza degli alberi imponenti forma una immensa cupola verde da cui penetra la luce del sole e richiama alla spiritualità del luogo, scelto non a caso da San Francesco e San Romualdo (che vi costruirà l’Eremo) come base per la loro missione terrena.

 


Uno dei pezzi forti del SN03 è un antico ponte, di fattura assai grezza, detto (come spesso capita per vecchi ponticelli situati in luoghi oscuri e sperduti) Ponte del Diavolo. Probabile testimonianza delle antiche vie di pellegrinaggio, oggi è una peculiare attrazione lungo il CAI64A che porta a est verso la Buca delle Fate.

 


Un bel ceduo-diapason sulla riva dell’Archiano. Ma, perbacco, chi c’è a cavallo della forcella? Cliccate e zoommate…

 

I frati camaldolesi hanno avuto un ruolo fondamentale nella cura della foresta che, pur sfruttata per il legname pregiato, è sempre stata preservata da ogni intervento potenzialmente distruttivo. Da questi tronchi immensi e dritti sono state tratte le travi che sostengono le coperture delle più importanti chiese della toscana, Duomo di Firenze compreso, e gli alberi delle navi della flotta pisana.

 


Preziosa eredità del suo artefice Karl Siemon (alias Carlo Siemoni), l’ambiente forestale del crinale della zona è ben noto: sconfinate faggete con isole di abetine (specialmente attorno a Camaldoli e Eremo) e svariate aree di bosco misto. A volte il fascino è proprio vedere le intime convivenze  tra latifoglie e conifere, altre volte colpisce il brusco passaggio tra un’isola di essenza e l’altra, specialmente nei mesi freddi, quando le aree di caducifoglie si soleggiano mentre le pure abetine rimangono imperterrite nell’ombreggiata oscurità. A guisa di antipasto, l’Aia di Guerrino pone appunto due poderose sentinelle, un faggio e un abete bianco, a chi si inoltra sul CAI00 da dove si staccherà in seguito il CAI225 verso il Penna. Poi ci sono le felcione che piacciono a Franco.

 

Chiunque attraversi la foresta e si guardi intorno e ascolti e respiri quell’aria finisce per avere un’emozione intensa e riverente verso una natura così grande e bella e varia nella grandiosità degli alberi e nella piccolezza delle specie di piante e animali che popolano il sottobosco. Anche i grandi mammiferi abitano qui ma, istintivamente schivi, sono difficili da incrociare. Dall’estremità nord-ovest del SN03 si stacca il GEA/CAI84 che, attraverso una splendida faggeta, porta al Passo/Rifugio Fangacci (quota 1228), nota area di base, sosta e riparo. Riprendendo a scender per qualche centinaio di metri la sp69 ci accoglie l’Aia di di Guerrino (1223m) dove si può fare uno snack, rifornirsi d’acqua alla fresca Fonte di Guido e da dove inizialmente prendiamo il CAI00 per poi poco dopo inforcare il CAI225 verso il Penna (quello, per così dire, secolare a differenza dell’altro, sacro assai).

 


La biodiversità del Parco, sia vegetale che animale, ha pochi rivali e le occasioni di close-up fotografici non mancano certo. Casomai, occorre stare sempre attenti a dove mettere i piedi, non solo per non rovinare il prezioso sottobosco ma anche per salvaguardare gli infaticabili stercorari che purtroppo mostrano costanti atteggiamenti improvvidi, standosene spesso in mezzo al sentiero e senza neanche il gilet rifrangente ….

 

Ora, già in Romagna e salendo decisamente verso la cima del monte, il vento comincia a farsi sentire anche se siamo ancora dentro il bosco. Lungo il cammino, a sinistra si intravede il ben noto Fosso degli Scalandrini mentre il ripido spiovente a est, che dà sulla Valle dei Forconali, è riserva naturale: due buone ragioni per rispettare il segnalato divieto. Dalle rocce stratificate che segnano le sommità del Monte Penna sorgono imponenti faggi abbarbicati alle incombenti arenarie. Uno strappo nel sentiero e ci troviamo sull’orlo di un precipizio, la vista si apre improvvisa sui monti della Romagna e sul lago di Ridracoli. Ancora un po’ di salita sul filo dello strapiombo e si guadagna il terrazzino della vetta (quota 1331), ci affacciamo sulla parete scoscesa (un paio di centinaia di metri praticamente in verticale, più qualcos’altro a digradare, e senza balaustra!) e vediamo sotto di noi, a perdita d‘occhio, la cima delle altre montagne coperte di boschi. Al centro, in bellavista, oltre la magnifica Foresta della Lama, il lago formato dalla diga di Ridracoli, circondato da monti da cui affiorano le rocce sedimentarie, prevalentemente arenarie intercalate a Marne, con le caratteristiche scarpate stratificate o con crinali spogli. All’orizzonte la Romagna con i suoi boschi, i monti e, laggiù in fondo, il litorale adriatico.

 


Arrivati sul Monte Penna, è possibile percorrere un anello che scopre pian piano, in crescendo, la vertiginosa e panoramica vista sulla Romagna (i frettolosi possono invece usare il sentiero che conduce subito al culmine). Le cose che subito attraggono l’attenzione sono il voluminoso invaso di Ridracoli e la particolarità del versante romagnolo, scosceso e pullulante di affioramenti marnoso-arenacei (gli “scalacci” della vecchia statale che, in attesa della futura E45, portava a Bagno di Romagna). All’estremita sud-est del panorama, distante 14 km, l’inconfondibile sagoma dell’altro Penna.

 


Dalla cima del Penna (quota 1331), con un occhio sempre attento al lungo ciglio non protetto sul baratro di oltre trecento metri sulla Valle dei Forconali (e spesso c’è pure forte vento!), si godono 180-e-più gradi di vista mozzafiato, dal Falterona all’altro Penna, quello sacro. Con aria limpida si vede bene l’Adriatico.

 

Scendiamo piano, quasi dispiaciuti di tornare alla macchina e lasciare questo silenzio pieno di suoni da ascoltare, l’acqua che scorre in decine di rivoli e torrentelli, i richiami degli uccelli, il vento tra le foglie una pace difficile da ritrovare in città….

Carlo Palazzini & Franco Landini