Storia di un macigno – The history of a boulder (parte 2)

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Riprendiamo la cronaca delle vicissitudini del nostro masso australe che, dopo aver girato mezzo mondo, l’abbiamo lasciato all’artistica bottega di Strada in Casentino. Per chi si fosse persa la prima parte, peraltro assai necessaria per poterne seguire la continuità, la trovate qui.

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A bottega di Roberto, iniziano frenetiche le prove e relative possibilità delle varie idee di adornamento o lavorazione, proposte e vagliate in modo che tutti gli enti coinvolti trovino giusto riconoscimento. Ma occorre anche fare i conti con lo spazio disponibile, evitando in ogni modo di snaturare quel bruno sasso già ricco di significato e personalità propria.
Partendo dagli sketch di Kevin, inizia quindi la messa a punto di testi, loghi, dimensioni, posizioni e metodi. Tutte le ipotesi vengono quindi ora simulate “live”.

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Sempre in aprile, viene inoltrata la poderosa documentazione, redatta da Kevin e basata sul lavoro svolto e fatti accaduti in oltre un anno di impegno, necessaria per accedere ai finanziamenti statali australiani sotto l’egida di ANZAC Centenary, una sorta di programma nazionale per promuovere la memoria dell’Australian & New Zealand Army Corps, motivati secondo il capitolo del Centenario 1a Guerra Mondiale (cui Bert partecipò sia come armiere RNAS che come pilota RAF proprio su fronte italiano). Il terreno da percorrere è abbastanza “oliato” ma la burocrazia vuole i suoi tempi (e noi ne abbiamo sempre meno, dato che certe opere da coprire economicamente devono partire al più presto, pena mancato obiettivo temporale!).
Nel frattempo, si finalizzano le targhe principali, dato che devono essere approvate da più parti, realizzate in Australia, spedite qua e infine fissate al masso, per cui il tempo è ancor più tiranno.

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L’idea di schematizzare sul monumento il flight path durante il quale avvenne la tragedia era uno dei punti fermi del progetto memoriale, ma la tecnica di realizzazione era rimasta al solo stadio di varie ipotesi. A valle di effettiva analisi e relativi pareri esperti, si opta per la sua scolpitura su un lato “largo”, che Roberto realizza magistralmente.
Il percorso sarà segnato da riporti metallici, così come le località di partenza, destinazione e di incidente. Le loro marcature mediante glifi “primordiali” hanno ragioni sentimentali…

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Intanto laggiù a Prato alle Vacche (o lassù, dipende dalla contingenza…), Cesare studia e segna gli spazi adeguati al monumento e alla relativa logistica di realizzazione (ovvero manovra dei mezzi di sollevamento e trasporto). E capita così di trovarci pure trekker australiani che, al solo tam-tam giornalistico (come si è già citato, i media australi seguono la cosa sin dalla Festa Speciale 2014!) si sono anzitempo e autonomamente avventurati!

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Come già previsto dal progetto-guida elaborato dalla Provincia, il boulder ha ovviamente bisogno di un supporto-piattaforma degno rappresentante dei locali costumi, in modo tale da creare il dovuto connubio e ben rappresentare l’unione delle due nazioni. Roberto e Cesare vanno quindi in cerca di congrui esemplari del macigno che caratterizza il Pratomagno, peraltro geologicamente molto più anziano del vulcanico basalto.
Le foto dovrebbero ben rendere l’idea di che razza di mattonelline si parla! Un grande lavoro per la scelta, la destinazione, il ricavo della geometria migliore e, manco a dirlo, grande fatica per movimentazione, tagli e lavorazione! Un pubblico riconoscimento a Roberto e Cesare (e ai diversi utensili fumati!).

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Ai primi di luglio, a meno di un mese dall’evento pubblico, diversi ardui nodi giungono al pettine, inevitabile quando si inizia a quagliare realmente e le leggi di Murphy prendono a sopravanzare quelle di natura (che già di per sé non scherzano!).
Mentre quindi a valle si fanno e rifanno i conti con i mutevoli dettagli della cerimonia (sembra facile, ma in questi casi ci sono anche una caterva di protocolli da rispettare), lassù le cose iniziano a muoversi. Cose pesanti, senza metafore…

E così, una sera di mezzo-luglio, Cesare dirama finalmente il comunicato in codice: Domani leviamo l’olio dai fiaschi! Finché non è tutto a posto non si smette!
La precoce mattina successiva, con la logistica fornita da Provincia, Unione dei Comuni e da Vasco l’escavatorista (che si è esemplarmente prodigato mettendo anche a serio rischio le proprie attrezzature), la ponderosa materia prima si muove lentamente per giungere infine al novello luogo di dimora. Non è che c’è proprio un’autostrada, eh!, e le manovre hanno richiesto tempo, know-how e fegato!

A fine del difficile e delicato piazzamento, l’orgogliosa foto ricordo sarà mesta ricompensa di una lunga giornata di lavoro (si vedano i raggi solari già radenti, nonostante il pieno luglio).
La croce lignea, un anno esatto dal suo impianto, viene deposta e sostituita con tutto il rispetto e l’onore dovuto. Con la sua immagine riportata da una caterva di notiziari, ha già un meritato e indelebile posto nella storia.

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È l’ora delle decorazioni o del loro alloggio, alcune delle quali sono freschissime di finalizzazione nei rispettivi dettagli, come il crest del RAF Squadron 28 (l’unità in cui Bert servì come pilota durante la Grande Guerra) o la dimensione della capsula del tempo. Si noti la splendida rosa dei venti appena terminata da Roberto: ne vedete di simili, per medesima mano, sul rinnovato basamento della Croce.
Tocchi finali, come il fissaggio delle targhe, saranno al cardiopalmo visti i soliti intoppi doganali. Inutile dire che il bel cilindrone d’acciaio inox della capsula del tempo doveva destare serie preoccupazioni ai security check!

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Alcuni tagli dei lastroni di arenaria vanno a costituire dei “sedili” attorno al memoriale, ciascuno con la sua targa di virtù. Se poi vi chiedete com’è che attorno sia così buio, la risposta è che, sì, capita dopo il tramonto, specialmente nel versante in ombra!

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E così, con affanno ma prodi, si giunge al gran giorno della cerimonia, la cui cronaca ha avuto discreta eco sugli organi di informazione locali e soprattutto australi (se qualcuno avesse dei dubbi, c’era nientepopodimeno che una troupe dell’Associated Press). Il monumento si presenta coperto con le tre bandiere italiana, australiana e britannica che saranno levate, con mosse significativamente congiunte, dalle rispettive rappresentanze cui seguiranno, tra altre toccanti fasi, dedica e benedizione da parte di padre Cliff Graves.

Difficile descrivere le sensazioni indotte da quella folla, da quei personaggi, da quei mesti ma suggestivi suoni di tromba e cornamusa le cui note di eco militaresco penetravano la foresta, dalla coinvolgente esecuzione dei tre inni nazionali da parte della Filarmonica G. Verdi di Loro Ciuffenna, dagli inusuali colori che contrastavano con l’ombrosa e selvatica ambientazione… Chi non c’era,- ‘gna dillo! – si è veramente perso qualcosa di raro e prezioso.

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In tema, possiamo pure aggiungere che c’è un altro sasso che ora fa parte dell’indissolubile connubio Hinkler – Pratomagno. Stavolta è un blocco di nostrana arenaria opportunamente scelto da Cesare, un “boulderino”, in cui vi è stata profondamente impiantata quell’elica che ha simbioticamente accompagnato il bruno macigno nel suo viaggio transcontinentale.
Si trova accanto all’ingresso dello Chalet da Giocondo e una targa ne ricorda lo scopo: segnare simbolicamente il punto d’inizio del Hinkler Ring con il caloroso riconoscimento del popolo australiano, suggellato dal dono del Royal Queensland Aero Club e dalla sua inaugurazione solenne, presenti gli amministratori locali, da parte dello stesso ambasciatore e dal presidente del RQAC.
Non è proprio una cosina trascurabile, no?

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È trascorsa una settimana dalla cerimonia e il luogo è ora nuovamente silente, cosa che in fondo gli è usuale e propria. Le quattro ghirlande d’alloro sono state un po’ strapazzate dal vento ma le riposizioniamo con cura visto che mantengono ancora tutta la loro dignità.
Anche i residui vegetali nel frattempo depositatisi sui pietroni fanno sembrare il monumento più in simbiosi col luogo.

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Dopo un mese, le ghirlande vegetali sono ormai un ricordo, sopravvive solo la sintetica poppy wreath. Il bruno basalto si appresta ad affrontare il primo inverno boreale e un po’ più in quota di quanto fosse avvezzo. E probabilmente a breve una bianca coltre tenterà di dissimulare i nuovi venuti, magari inusuali ma non certo alieni. E forse sarà pure la prima neve mai percepita dal boulder.
Nell’ultimo fotogramma, il memoriale visto dal luogo dove, verso il mezzogiorno del 7 gennaio 1933, si schiantò il DH80A Puss Moth immatricolato CF-APK.

[…] Bert Hinkler’s spirit and soul are Australian, but he now lies in the warm, loving embrace of the soil of Italy, whose people honoured him back in 1933 with a State funeral, and continue to honour him today, with this splendid monument.
[dal discorso di SE on. Mike Rann, Ambasciatore d’Australia presso lo Stato Italiano, cerimonia di inaugurazione, Prato alle Vacche (Pratomagno), 2 agosto 2015]

[…] We now dedicate this monument to the memory of Herbert John Louis Hinkler, in the name of the Father, and of the Son, and of the Holy Spirit. May those who come to this beautiful site on Mt Pratomagno recall the great sacrifice made by him. Father, we ask that the site will be protected from desecration, from those elements of nature that could have an effect, on this beautiful and serene setting.
[dalla dedica del memoriale da parte di padre Cliff Greaves, cerimonia di inaugurazione, Prato alle Vacche (Pratomagno), 2 agosto 2015]

Saluti a tutti da Carlo