Quelle ripe nella valle del Bidente

Visto il godimento generalizzato dell’esperienza precedente in quell’area romagnola a ridosso del tetto e che fino all’epoca granducale era nota come Romagna Toscana (e quindi descritta anche nel famoso geo-tosco-dizionario Repetti), il gruppo di colleghi ha messo in atto la missione estiva 2018. Solita chiave logistica strategica, ovviamente, l’avere un fidato supporto di accomodamento in loco, cosa che risolve non pochi dubbi sulla necessaria riserva psicofisica… sia per i fiorentini che per l’aretino.

 

La vigilia

Con calma e relax pomeridiano, rally point a Corniolo, dove troviamo familiare e generosa ospitalità. Complice anche la fine aria di queste parti, si attua uno sgranchimento-appetizer mediante passeggiata lungo il versante franato nel 2010, con vista sulle alture di S. Paolo in Alpe, protagoniste dell’anno precedente.

L’imbrunire si presenta come schietta e fresca serata e si sta d’incanto, niente di meglio quindi che associarsi alla locale iniziativa mangereccia (toh! che combinazione!) che prevede una cena a base di pesce a cura dei pescatori di Cesenatico. Non a buon mercato ma ne valeva la pena. Commensali indigeni con i quali avevamo aperto l’argomento, ci invitano a modificare il percorso progettato per il giorno successivo, un classico dell’area ma giudicato non abbastanza avvincente… Il nuovo percorso, assai più wild e pretenzioso, viene immediatamente ricostruito, processato e analizzato con i device mobili. Segue passeggiata digestiva per l’abitato, sempre col pensiero all’imprevisto e ardito cambio di programma e relativi risvolti logistici…

Missione Ripe: go!

Di buon’ora e dopo sostanziosa sosta al forno paesano, veniamo sbarcati alla sbarra della strada bianca che porta da Lago (di Corniolo, toponimo che sancisce una passata idrografia a seguito di frana sul contestuale corso d’acqua) a degli insediamenti sparsi e pure all’imbocco del canale di gronda oggetto – come sopra – dello scorso anno. Qui occorre attenzione, dato che i potenziali spazi di manovra o sosta a bordo strada sono insidiati da crollate recinzioni di filo spinato e adesso perfidamente nascoste nell’erba d’argine!

Il percorso “serio” inizia poco dopo la sbarra, imboccando il 261 che risale un po’ di costa per poi più o meno stabilizzarsi sopra il Bidente delle Celle, ancora ben percepibile ma i cui meandri, una cinquantina di metri sotto, saranno spesso occultati da vegetazione.

Dopo il primo rudere (Capria di Sotto; qua anche ogni singolo casolare ha proprio e storico toponimo dato che comunque rappresentava una comunità e un appoggio in caso di necessità) e successivo ponticello sul Fosso di Lavacchio, si entra nel PFC e inizia il vero spettacolo delle Ripe Toscane!

La fonte di Fossacupa “tira”: nonostante le nutrite scorte iniziali ma data la scottante previsione meteo di questo primo quarto di luglio, ne approfittiamo…

Lo storico selciato, sapientemente essenziale e funzionale, fa vagare la mente ad altri tempi e ad altre ragioni di percorrenza…

 

Lo spettacolo delle ripe, qui appunto dette “toscane”, è ora davanti, dietro, sopra e sotto. Naturalmente si tratta del solito affioramento delle stratificazioni marnoso-arenacee, peraltro assai frequente al disopra d’appennino (ricordate gli Scalacci dei Mandrioli? Le Balze delle Rondinaie?), ma qui l’ambientazione è molto particolare e poi ci si cammina in mezzo! Il gustoso scenario è poi completato da una inusuale vista del noto “tetto”, che spinge ad un elaborato autoscatto… pardon, selfie

Occorre comunque cautela e occhio a dove si mettono i piedi: erosioni e frane riducono talvolta il cammino a una friabile cengina a picco sui sottostanti meandri del Bidente! E i frequenti arbusti invadenti il sentiero saranno poi fonte di altra preoccupazione…

Qua ora si entra in area PFC.

La Fonte del Bercio, per l’occasione praticamente asciutta, e il seguente ponticello sul Fondi segnano un cambio ambientale, adesso un po’ più vegetativo e (finalmente!) anche un po’ ombreggiato.

Nota: la letteratura locale precisa sempre che bercio = urlo, mentre ovviamente i toscani non necessitano del chiarimento…

 

Celle, La Fossa

Arrivati al ponticello che porta a Celle, facciamo stop, refill e check ospiti indesiderati… purtroppo ce ne sono (in foto, una femmina di zecca comune, solo uno dei vari risultati dello screening) e il dover attraversare arbusteti di ginestre o simili impone prevenzioni e controlli… certo, ogni specie terrena ha il suo scopo nel grande disegno ma forse di qualcuna si sarebbe potuto benissimo fare a meno! A real s.o.b., come direbbero negli ambienti raffinati…

Dal primo ponticello, che è sul Fosso delle Celle, si arriva in breve ad ulteriore ponticello sul Fosso del Satanasso, l’altro importante componente di questo Bidente, alimentato dai numerosi rivoli nella grande e selvaggia conca tra le pendici nord del Falco e il Pian delle Fontanelle. Oltre ancora ci sono i ruderi di mulino, chiesa, cimitero di Celle e la sterrata che riporta al Poderone.

Dopo la rapida ricognizione noi comunque proseguiamo con l’itinerario programmato nei nostri devices (e se qualcuno la chiama rotta gli tiriamo il collo!)

Uno strappo ben pendente e infrascato e giungiamo al piccolo paradiso nominato La Fossa (quota 851). Nonostante non ci siano contingenti presenze, è evidente come qui tutto sia integro, vivo e ben mantenuto. Una piccola aia con edicola sacra, ombra e fonte ci accoglie a braccia aperte (sentimento ben reciprocato).

Qui si aprono diverse vie di prosecuzione ma per il nostro successivo destino seguiamo il sentiero segnato, sempre 261, che trova passaggio nell’arco tra i due maggiori corpi di fabbrica. Qui, uno stemma gigliato sulla volta di portone reca l’anno 1733.

Continuiamo fino al successivo edificio detto Casina (ebbene, sappiamo che è un toponimo ovunque assai inflazionato, almeno uno ogni qualche kmq ….) e da lì, usando anche il letto semiasciutto del Fosso delle Celle, tagliamo un po’ il percorso canonico per la nostra prossima tappa.

Pian del Grado

Visto verso sud, Pian del Grado ci appare con lo sfondo della citata conca dei natali del Satanasso, il cui nome deriva da locali leggende. Il caseggiato, quota 888, è vivo (magari solo per villeggiatura), ben restaurato e mantenuto e – per l’occasione – con vari barbecue in preriscaldamento. Una targa ricorda come dal 1944 qui trovasse luogo un comando brigata partigiana.

 

Sul crinale

Dopo la rapida visita a Pian del Grado, ripercorriamo la pista verso nord, aggirando C. Torni, risalendo fino alla quota 1097 permettendoci così l’innesto con il noto 301 Sentiero degli Alpini, proveniente dal Pian delle Fontanelle (sopra le vistose Balze delle Rondinaie, giusto sotto il Falco) e che, transitando per il locale crinale, proseguirà poi per una cinquantina di chilometri verso Forlì.

 

Transito da Poggio Bini (1115) e dal successivo svincolo a Colla di Pian di Mezzano (1029), dopo aver incrociato lo stradello provienente da La Fossa e che poi zigzaga fino a Fiumicello.

 

Si risale infine fino al Ritoio, nostro top point, quota 1193, nei cui pressi riprendiamo un attimo fiato godendoci il panorama sia a nord che a sud e, visto che le salite sono terminate, mettendo pure qualcosa tra i denti.

 

Rientro selvaggio

 

Nei pressi di Lavacchio di Sopra (uno dei soliti ruderi) usciamo dal percorso di crinale puntando nuovamente verso la valle del Bidente. Da qui in poi nulla è segnato, si va col gipsy in mano e a vista sui successivi ruderi (Lavacchio di Mezzo) o su scarse tracce di pneumatici mtb, seguendo un tracking approssimativo disponibile su cartografie OSM ma che comunque presenterà imprevisti (macchioni o sbarramenti di rovi o altra vegetazione fitta e intricata magari foriera di presenze indesiderate come parassiti, ronzanti con pungiglione o aspidi, oltre a bovini con scroto e sguardo accigliato…) e disturbi (i tanti viottoli creati dagli armenti al pascolo ma che magari portano da nessuna parte o comunque non dove vogliamo noi). Verso Lavacchio di Sotto finalmente la vecchia e malridotta mulattiera è ormai stabile e acquisita e le speranze di sopravvivenza aumentano…

 

 

Il cerro col brufolone, in zona Campo di Fuori, e un paio di viste del Castellaccio di Corniolino, (XIII sec, quota 769; Corniolino è il toponimo delle tre case là sotto) strategicamente piazzato sulle vie di valico e che fu degli onnipresenti conti Guidi, successivamente arginati dall’espansione della repubblica fiorentina e conseguente spietato sfruttamento di queste foreste da parte della nota Opera. Nasce infatti allora l’appellativo di romagna toscana e diversi fabbricati d’epoca portano appunto lo stemma gigliato. Poi per fortuna arrivò Peter Leopold che a sua volta portò poi Karl…

L’arida, assolata, sassosa e talvolta impervia discesa volge finalmente al termine e usciamo sulla strada bianca sbarrata di Lago, non distanti dallo sbarco mattutino. Il nostro “taxi” è appena arrivato, preavvisato sfruttando le poche ed effimere finestre di segnale GSM disponibili nel percorso. Ahhhh, ora ci aspetta un po’ di fresco! E un ulteriore anti-tick check…!

Consuntivo: 17.7 km di passeggio (compresi ineluttabili ghirigori locali), un chilometro praticamente tondo di ascensioni totali. Avvincente percorso, ma forse più godibile in mezza stagione!

Poco oltre Lago, il nostro Bidente delle Celle confluirà sul Bidente di Campigna.

 

Saluti a tutti da Carlo, Giuseppe e Matteo (alla cui famiglia, al solito, non saremo mai in grado di ripagare la consueta lussuosa ospitalità)

 

Riferimenti:

  1. cartografie digitali Garmin e OSM-derivate;
  2. carta escursionistica ufficiale PNFCMF&C, ed. 5 (Selca);
  3. carta dei sentieri 21, Alpe di S. Benedetto (IGA);
  4. https://www.appenninoromagnolo.it/itinerari_trek/ripetoscane.asp
  5. http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=1616
  6. http://www.id3king.it/Uscite/U2009/Uscita465/cenni_storici.htm
  7. http://www.caicesena.com/senior_cai_cesena/senior_cai_cesena_scheda_03.pdf