Sul tetto del Parco

Vidi Mugello, e vidi el Casentino
A man sinistra, e vidi onde Arno esce,
E come vae da Arezzo al Fiorentino.

(Fazio degli Uberti, Dittamondo, XIV sec.)

Là dove si incontrano le provincie di Arezzo, Firenze e Forlì-Cesena si hanno le cime più alte dei 36 mila ettari costituenti il PNFCMF&C, meglio noto come Parco Foreste Casentinesi. Il gruppo del Falco-Falterona (due cime praticamente gemellate e quasi livellate, distanti 1107 m l’una dall’altra) detiene il primato, con supremazia di pochi spiccioli del Monte Falco, mentre tutt’attorno nel resto del complesso si hanno spesso anonimi massimi relativi. Considerato un tutt’uno il complesso arenario del Falterona, non molto lontano da lì si ha la punta secondaria del parco, Poggio Scali, sempre nel crinale e in particolare nel tratto noto come Giogana e che va dall’Eremo alla Calla.

A seguire, una breve testimonianza dei luoghi sulla base di scampagnate dell’estate 2010. Da tenere comunque presente che la zona Calla – Sodo dei Conti – Falco – impianti tecnico-ricettivi è stata oggetto di diversi reportage, spesso ben imbiancati, da parte di Simone e ai quali vi rimando per tutti i dettagli del caso. Tanto per citarne alcuni:
Passo Piancancelli, Gabrendo, Falco in inverno

vetta del Falco

 

L’area del nostro interesse è adiacente al Passo della Calla, il cui percorso stradale, per gli aretini, costituisce la soluzione d’accesso predominante. Qualcuno avanza l’ipotesi che anche Annibale transitò di qui. Parking/Base Operativa può infatti essere il passo stesso o aree vicine, meglio attrezzate, come ad esempio l’area di parcheggio del Rifugio Fangacci (non è quello di Badia Prataglia), raggiungibile attraverso la deviazione al passo. Qui si ha a disposizione acqua, prato, tavolini e stradello si servizio dell’impianto militare (SRI, Stazione Radio Interforze) che porta rapidamente al crinale GEA/00 del Poggio Sodo dei Conti. Però, come in foto, può anche capitare di trovare il tutto esaurito… Alternative di approccio al crinale sono i viottoli dei circostanti impianti di risalita e piste di discesa sciistica o infine, molto più avanti nella strada, dalla Fonte del Borbotto.

 

Da poco sopra la SRI di Sodo dei Conti si gode una bella vista verso sudest, con la Giogana di taglio. In primo piano l’armonico Gabrendo, scotennato dalle splendide radure di crinale solcate dal GEA/00 che proviene dalla Calla. In secondo piano, una silhouette inconfondibile. Un fuori pista in questa zona ci ha poi fatto imbattere su resti della Linea Gotica, la cui costituzione causò una vera devastazione dell’area da parte di entrambi gli schieramenti.

 

 

Il cammino verso la sommità del Falco porta quasi d’improvviso alla balconata-belvedere dove lo sguardo spazia sui quadranti settentrionali. Dritto a nord, verso l’Alpe di S. Benedetto, si notano le Balze delle Rondinaie, una vistosa affettata della Marnoso-Arenacea che forma il lato est dello sgabellone del Pian delle Fontanelle, subito oltre il Piancancelli. Lo sguardo a nordest, oltre al panorama dell’appennino romagnolo e ai giusto-lì-sotto Campigna e Valle del Bidente delle Celle, non ha problemi a trovare l’Adriatico dell’alta Romagna. Verso maestro si gode tutta l’area del Mugello, con Castagno d’Andrea e S. Godenzo in prima fila, intravedendo l’espansione nordovest dell’egocentrico capoluogo regionale, il cui centro urbano viene coperto dal costone digradante dove sembrano confluire questo ramo di Appennino e il Pratomagno.

Come sarebbe il panorama al tramonto, sole a toni caldi e radenti, in una limpida giornata che permette pure di intravedere le Alpi?

 

 

Proseguendo a ovest sul GEA/00 occorre accorgersi della deviazione che porta all’erta ma breve arrampicata verso il Falterona. La piccola area prativa sulla quale è piantata la Croce è un immediato invito al riposino, allo spuntino e all’ammirazione del panorama sull’hinterland fiorentino e giù oltre, Abetone, Apuane e, con un po’ di fortuna, al Tirreno. Aggirando la cima, magari un po’ controsole, si spazia sul Casentino e le vaste praterie della Burraia.

 

 

Scendendo dal Falterona lungo il CAI 3, usando lo scalandrino che devia a sinistra oppure allungando agevolmente verso la Gorga Nera, con spettacolari viste sul versante franato, e poi sulla sterrata (CAI 17, ora per fortuna chiusa dato che troppo agevolava nugoli di picniccari con frequenti tendenze all’infischiarsene di natura e terzi) si giunge a Capo d’Arno, quota 1372, dove per definizione sgorga il fiumicel che […] cento miglia di corso nol sazia. Una comoda scaletta porta alla zona detritica dove scaturisce la decantata acqua e vi è posta la lapide con la citazione dal Purgatorio. Non si può resistere dal riempire un bicchiere e gustarsi assieme storia, arte e filiera corta …

Proseguendo la discesa lungo il CAI 3 che porta al Lago degli Idoli troviamo anche l’acquitrinosa Fonte di Razzagalline, in pratica il primo affluente dell’Arno.

 

Fino al 1838 era solo uno stagno utile al pascolo. Poi qualcuna trovò in prossimità del laghetto della Ciliegieta una statuetta rivelatasi pregiato reperto etrusco. Fu l’inizio della razzia, il laghetto svuotato, devastato e depredato senza pietà e i suoi preziosissimi tesori battuti all’asta e sparsi per il mondo. Con il consenso del Granduca, stavolta non illuminato come di solito.

Il laghetto, poi nominato “degli Idoli”, ha costituito il più ricco serbatoio di reperti votivi d’Etruria: si parla letteralmente di migliaia di pezzi, di cui diversi risalenti ad epoca preistorica! Il pannello descrittivo in loco è un significativo riassunto e se si vuol approfondire consiglierei di partire da questo sito , dove sono citate (e disponibili) opere che descrivono anche i delicati e impegnativi lavori di setacciamento e ripristino del barbarizzato laghetto, svoltisi dal 2003 al 2006: una delle cose (rare) di cui si può andar fieri e che ci ha pure lasciato il capannino-rifugio antifulmine.

 

Proseguendo sempre sul CAI 3 si arriva ad incontrare il CT4, che riporta verso nord sfiorando le belle praterie di Montelleri, attraverso le quali si ammira il Pratomagno, tutto il suo versante alto-casentinese e sottostante valle dell’Arno, con Stia e Pratovecchio in prima fila. E giù in fondo c’è Arezzo.

 

Nelle frequenti piccole radure prolifera una nutrita vegetazione floreale, tra cui la Viola di Eugenia: occhio quindi a dove si mettono i piedi, vietato cogliere bensì fotografare a oltranza! In queste zone, oltre quella splendida flora anche quasi esclusiva e protetta, si hanno nuclei di copiosa vegetazione spontanea di mirtilli neri e rossi. Le zone di crinale più facilmente raggiungibili sono di conseguenza spesso oggetto di assalti di comitive marmellataie non sempre troppo attente al rispetto della natura.

 

I faggi di cui le piste di crinale sono cinte offrono spesso curiose bizzarrie botaniche, come tronchi sviluppati secondo geometrie inconsuete, rami che rientrano come impauriti nel tronco da cui sono nati o amputati ma risaldatisi ad altri rami…

 

Grosso modo a metà del ventoso tratto GEA/00 tra la Calla e il Gioghetto (che è giusto sopra l’Eremo di Camaldoli) c’è il Poggio Scali, 1520m, una cima citata pure dall’Ariosto nel suo Orlando Furioso. In quest’area, comunque, il sentiero di crinale diventa pressoché un binario obbligato, stretto com’è tra la famosa Riserva Integrale di Sasso Fratino (versante romagnolo) e quella della Pietra (versante toscano), entrambe zone segnatamente keep-out anche per pedoni. Per molta parte del versante romagnolo l’avviso – per i sani di mente – è pressoché inutile e anzi meglio starne alla larga, casomai scivolasse il piede… La lussureggiante faggeta riesce a coprire molta vista panoramica, lasciando un buon varco solo in direzione del gruppo Falco-Falterona anteponendovi il Pian Tombesi. Ai piedi della guglia, lungo il sentiero, la Maestà della Madonna del Fuoco.

 

Una degna scarpinata locale giocoforza fa maturare ascensioni totali non trascurabili, dati i bei giochi di saliscendi. Al termine, quindi, tolti gli scarponi e calzati i sandali, cosa di meglio che ritemprare fisico, spirito e stomaco in quell’oasi che il granduca creò proprio per sua nobile villeggiatura? Campigna diventa inoltre insostituibile base per varie escursioni naturalistiche nella splendida omonima foresta.

 

Su queste due viste artificiose, per pura coreografia, ho riassunto i punti citati. Il semplice modello altimetrico permette comunque di evidenziare le scucchiaiate del versante nord del Falco-falterona, segni di antiche possenti frane verso Castagno, la prima documentata nel 1335 e l’ultima nel 1960. Non stupisca quindi la ripidezza di queste pareti e neanche che la fisionomia dell’area risulta sensibilmente cambiata nei secoli recenti, come riportato dalle cronache storiche.

Si percepisce anche il notevole acclivio (e relativa franosità) che segna il versante romagnolo della Giogana, morfologia riscontrabile almeno fino al M. Penna romagnolo. L’inagibilità del versante in termini di potenziale sfruttamento della foresta è un connotato non certo estraneo alla realtà di vedervi realizzata la prima riserva naturale integrale nazionale, Sasso Fratino: 764 ettari di foresta praticamente vergine, un “santuario silvano”, come viene definita. Si vedano al proposito le testimonianze dell’allora amministratore delle Foreste Demaniali Casentinesi, dr. Fabio Clauser, circa le vicende che hanno portato alla sua nascita. Ma, come detto, potremo ammirarla solo con binocolo.

Saluti da Carlo Palazzini