Calamite e cellulosa (2)

Calamite e cellulosa – take two

Questo post è la terza puntata di una divagazione sui geotrastulli di utilità e divertimento per passeggiate campagnole, hiking o trekking che dir si voglia.

In particolare, questa è la seconda puntata dedicata a cartografia (cartacea) e bussolame (classico) e nel malaugurato caso arrivaste ora, la prima puntata è qui.

 

Al solito, sottolineo che ispirazione fondamentale di queste “pagine” sarà:

Chi sa fare fa, chi non sa fare, insegna. E se non sa neanche insegnare fa il consulente.

Per cui, per evitare mortificazioni, mi limiterò ad elencare, incuriosire e magari provocare, rimandando per ogni serio apprendimento a ben più dotte fonti reperibili in libreria o in The Net.

La volta scorsa abbiamo mooolto fugacemente riepilogato quali sono le caratteristiche salienti di una carta topografica in generale ed escursionistica in particolare, almeno per quanto possa rivestire interesse per il passeggiatore occasionale.

Come di consueto, si assume che la fattispecie di necessità si manifesti attraverso la scarsa o nulla conoscenza pregressa dell’area di interesse, la stessa pure abbastanza desolata e con sentieri che non siano autostrade, relegando altri frangenti al mero ruolo di utilità o diletto. abbiamo già decantato quanto sia importante una buona carta per tutta una serie di motivi ma occorre considerare che se su di essa si basa la nostra “navigazione” (= orientamento, ovvero ragionevole consapevolezza del punto-carta dove ci si trova, con costanza o almeno ad intervalli ragionevoli), allora:

  • o si sta usando un GPSr e, nella piena capacità di far “dialogare” dati GPS e carta (cosa che, come visto, non sempre è immediata), la carta rappresenta essenzialmente una comodità di lettura e di ragionamento collettivo,
  • o il percorso, prevalentemente a visuale libera, è ricco di landmark e l’orientamento della carta anche a mezzo di una triangolazione/traguardazione a occhio è un gioco da ragazzi.

 

Definiamo in generale landmark (punto di riferimento) ogni entità abbastanza circoscritta del territorio e puntualmente riportata sulla carta, il cui riconoscimento e visibilità dal vivo la faccia diventare come un faro per i marinai. Può essere una cima particolare, una roccia, una torre o campanile, un ponte, un incrocio… Dalle nostre parti, cima Catenaia (il Castello), Croce di Pratomagno + affettapasseri di Secchieta, gruppo Falco-Falterona e la Verna sono come il Grande Carro per un astrofilo. Su una scala locale, ad esempio, il castello di Poppi è un inconfondibile landmark a medio raggio dell’Alto Casentino. Ovvio che anche un qualsiasi punto su cui ci si sta giusto sopra e inequivocabilmente riscontrabile sulla carta diviene un succulento landmark, che oltretutto rende immediatamente un punto-carta: nella maggior parte dei casi saranno bivi di sentieri segnati con tabelle, cosa che provvederà anche ad un grezzo orientamento della carta stessa. Morale: con i landmark nella manica, orientare la carta è semplice e l’uso della bussola diviene eventualmente un optional nel caso si attui un punto-carta di precisione con tecniche di resezione/triangolazione.

 


Una marca, una filosofia: le bussole tipo Silva sono usatissime dagli aficionados di outdoor. Leggere e molto comode quando si lavora di carta, dato che nella base plastica incorporano diverse utilità (lenti, righelli, coordinatometro…). La ghiera girevole, comune a tutte le bussole da marcia, serve a “memorizzare” l’azimut che dobbiamo tenere rispetto al nord magnetico quando si procede per legs (segmenti di percorso, ovviamente in  assenza di pista). Le versioni “di lusso” hanno un sistema di rilevamento con traguardo a specchio. Nello sfondo, le intramontabili IGM Serie 25, edizione anni 1980. Sul cartiglio di queste tavolette, oltre all’indicazione della declinazione locale e delle sue variazioni medie nel tempo, c’è anche un grafico che rende immediato l’orientamento al nord vero (che, ricordiamo, coincide per convenzione con i bordi laterali della carta).

 

Quando si è su terra incognita e selvaggia (nisba bandierine bianco-rosse, anzi nisba pure sentieri), non vi sono landmark a portata d’occhio e vuolsi orientare la carta o addirittura un punto-carta di una certa dignità, la dottrina impone l’uso della bussola e una certa dose di know-how. Qui, se si vuole, si apre infatti tutto un mondo di tecniche ed esperienze di classica scuola militare (quasi sempre si fa rimento alla serie degli US Army Field Manuals e in particolare al FM 3-25.26 “Map Reading and Land Navigation” e ad altri riportanti espedienti di sopravvivenza, più o meno reperibili on-line) ma oggi ampiamente adottate anche da spedizioni avventurose là dove non solo la terra è incognita ma pure ostile. Fa parte di queste discipline di survival anche l’orientamento con sole risorse naturali. Gli esperti riescono a governare tutto un percorso (scomposto in segmenti) in aree 100% selvagge e ignote, e di diverse decine di miglia di itinerari totalmente soggettivi con solo carta, bussola e altimetro. Anzi, visto che fa parte del gioco, la carta la disegnano loro.

 


La M27 Cammenga rappresenta indubbiamente la bussola militare tosta e “lensatica” per antonomasia. Adottata dal US Army in sostituzione della precedente M1918 (prismatica), copiatissima e clonata più o meno vergognosamente (l’esemplare in foto è un dignitoso clone giapponese degli anni 1980), usa una sospensione molto robusta e uno smorzamento elettromagnetico (niente liquido interno). Costa un po’, specialmente la versione con inserti luminosi al trizio.

 


Attraverso un primo piano della mia finta M27 si vedono bene le graduazioni in mils e gradi sulla cartella-ago, l’indice fisso (nero) per la lettura dell’azimut e gli indici mobili fosforescenti sulla ghiera girevole a scatti (1 scatto = 3 gradi). La scala in mil, espressa in centinaia, consente di apprezzare una risoluzione migliore, utile però solo se l’affidabilità del resto è di pari livello. Nel particolare, una vista (un po’ maldestra, lo ammetto) di una lettura di rilevamento.

 

La scuola militare campale è stata un crogiolo di tecniche un po’ grossolane ma funzionali su stretta scala e soprattutto acquisibili e applicabili dalla truppa, che difficilmente può contare su senior professionals in geodetica o geologia come accade nelle spedizioni del National Geographics. La scorsa puntata abbiamo citato le coordinate piane UTM o comunque basate su reticolato chilometrico, il cui uso ci affranca da contorcimenti mentali sessagesimali e ci permette di individuare e rilevare punti o distanze con semplicità disarmanti. Con la bussola rieccoti gli angoli, che hanno il vizio, per rendere valori materialmente utili, di tirarsi dietro la trigonometria. Ma se si osserva bene una bussola di tipica derivazione militare, oltre alla familiare scala in gradi sessagesimali, si nota anche una scala “più fitta”, che chiamasi millesimale; l’unità di misura è il mil, a volte simboleggiato con °°,che è l’arco sotteso da 1 metro a 1 chilometro e un giro completo sono 6400 mils. Se qualcuno sospetta una parentela coi radianti, unità di misura di angoli molto più comoda dei gradi quando si entra nei calcoli, ha buon naso e in effetti i criteri di definizione sono assimilabili e il mil può essere considerato la millesima parte di uno speciale radiante tal che ce ne vogliono 6.4, anziché un irrazionale due-pi-greco, per fare un angolo giro. Come dire, è un angolo arrotondato (per comodità)!

 


Nomenclatura parti e tipico modo d’uso della solita M27, con immagini tratte dal FM 3-25.26 citato nel testo. Con la lentina ribaltabile (rear sight) in posizione di riposo, una camma interna blocca la sospensione: anche a seguito di sganassoni, la cartella non ciottola e il meccanismo si preserva.

 

Portata quindi l’espressione dell’angolo sotto meri rapporti di misure di lunghezza (cateti) grazie ad alcune intrinseche approssimazioni trigonometriche, non solo se ne possono facilmente sommare i valori ma si può pure valutare al volo la distanza di un qualcosa di cui si conosce la dimensione, o viceversa. Questa graduazione, graficamente più risolta dei gradi e quindi beneficiata da un minor errore di lettura, è usata per gli stessi fini anche nei binocoli militari.

 


la Wilkie Meridian nasce negli anni 1970 in Baviera, per usi civili specialistici. Robusta a sufficienza per un uso campale (sospensione in zaffiro), adotta un mirino prismatico molto confortevole e permette letture di precisione, ma è pesante e poco idonea a usi al volo e comunque da’ il meglio di se quando è fissata a cavalletto (ha la filettatura come una fotocamera) ed è livellabile mediante la bolla incorporata. Il modello in foto incorpora anche un clinometro.

 

Ligio al manifesto principio ispiratore, mi limito in primis a segnalare che un fondamento di uso della bussola dovrebbe comunque far parte del bagaglio di chi ama scampagnate, poscia a riportare una spudorata sintesi di nozioni di quello che può realisticamente interessare il pedone da diporto (più qualcos’altro sparso sulle didascalie):

  • per uso hiking/trekking, si adottano normalmente bussole tascabili, robuste e dotate di traguardo di rilevamento (bearing); una bussola semplice, senza traguardo, può permettere di orientare una carta ma non di effettuare rilevamenti/triangolazioni con adeguata confidenza;
  • date le vicissitudini che potrebbero interessare l’oggetto, i meccanismi di sospensione e le tecniche di irrobustimento sono quasi sempre di derivazione militare: se vanno bene lì….
  • gli archetipi di riferimento sono sostanzialmente tre: la Silva (con ausili cartografici e nata specificamente per outdoor), la M27 Cammenga (US Army) e la Wilkie; da questi derivano svariati modelli, crossover e cloni;
  • caso a parte è la mitica M73 Barker (Her Majesty’s), parente della Wilkie (sospensione a zaffiro e smorzatore a liquido) e notevolmente accurata, robusta e refrattaria ai disturbi, però costa uno sproposito;
  • pure uno sproposito costa un buon binocolo stagno con bussola integrata e reticolo in mils; se se ne sopporta il peso aggiuntivo, un tale gadget è una figata notevole e un rilevamento di precisione diventa un gioco da ragazzi;
  • una buona bussola ben usata può permettere letture di azimut (direzioni sul piano orizzontale espresse mediante l’angolo con un predefinito nord) con accuratezza di mezzo grado e precisione entro il quarto (declinazione a parte);
  • nessuna bussola, per quanto pregiata, è attendibile in presenza di locali alterazioni del campo magnetico terrestre (deviazioni); la lettura va fatta lontano da elettronicaglie varie, almeno 10m da autoveicoli e molto distante, ad esempio, da antenne, tralicci e condotte ad alta tensione; provate ad avvicinare un cellulare ad una bussola …
  • le bussole da rilevamento a traguardo diretto usano una tecnica di mira in cui l’occhio punta il “bersaglio” lontano e contemporaneamente legge la scala graduata della cartella rotante (che costituisce l’ago); ci sono due tecniche, una, più nobile ma costosa, che fa uso di un prisma a mo’ di periscopio (prismatic compass), l’altra, più diffusa, economica e meno delicata, che fa uso di una lentina ribaltabile (lensatic compass); in entrambe l’ago è in realtà un disco rotante (tessera, cartella, quadrante, dial o card) sul quale sono incisi cardinali e scale graduate;
  • le bussole hanno normalmente i punti di lettura primari fosforescenti, cosa inutile se le stesse se ne stanno normalmente chiuse e in tasca; le “vere” militari li hanno con elementi al trizio, dotati di radio-luminescenza propria continua e autonomia di un decennio; la cosa interessa solo chi fa trekking estremo;
  • tutte le bussole tascabili vorrebbero lavorare in orizzontale, dato che una inclinazione rischia di creare attriti funesti sulla sospensione e impuntare l’ago; particolarità parente ma al contrario è che nell’emisfero australe, causa forte inclinazione delle linee di campo magnetico, occorrono bussole ad hoc e che sopportino o bilancino, anche a corpo bussola orizzontale, un ago che tenderà a inclinarsi;
  • ogni bussola di successo ha brutte copie e onesti cloni: va tutto bene, purché si sia coscienti che l’ottone non è oro, che se ne conoscano i limiti e si valutino di volta in volta le relazioni tra reali esigenze, costo e benefici;
  • se vi trovate tra le mani una bussola dubbia (di fattura o perché sbatacchiata), fate almeno una prova di precisione, ovvero costanza del risultato: fate diverse misure, in appoggio sullo stesso punto, e piroettate completamente la bussola tra una misura e l’altra; se tutte le letture stanno entro un paio di gradi e ci si accerta almeno che la magnetizzazione dell’ago non si sia invertita non ci dovrebbero essere problemi; al massimo vi perdete …

 


Versione moderna dell’antico dipolo magnetico pivottante sono le bussole elettroniche, da tempo presenti su certe classi di orologi sportivi ma oggi anche in versione autonoma, su smartphone e su ricevitori GPS (la cui capacità intrinseca di segnare un qualsiasi nord si innesca solo muovendosi di buon passo; riaffronteremo in futuro la cosa). La loro risoluzione interna, l’imprevedibile sensibilità a fattori devianti e una visualizzazione discreta (= non continua, né nel tempo né nello spazio) le rendono meno accurate di un buon ferro ma, purché se ne controlli spesso la taratura e si badi a fonti di deviazione, sono più che sufficienti per orientare una carta per i nostri scopi. Ideale la praticità di averla al polso, per i check di routine, con l’altra in zaino da tirar fuori all’eventuale bisogna. Ovvio che una bussola elettronica collegata nativamente ad adeguata elettronicaglia può dare grossi valori aggiunti alla navigazione (determinazione di nord vero, funzioni HSI, RMI …).

 


Eh, ma come la meni! Sembra che tu vada chissà ‘ndù! In effetti, una parte di passione, di diletto e sete di conoscenze ed esperienze dirette c’è sempre, altrimenti non saremmo lì, sudati e col fiatone. Ma c’è sempre chi si crede più furbo ….

 

Approfondimenti fino all’estremo sull’argomento ne trovate a iosa, magari però in inglese, specialmente su siti dedicati a “giocare alle butolìne” (termine usato dalla moglie quando, da ufficiale in congedo, partecipavo a gare di pattuglia-tiro-orientamento, errando per monti e valli in assetto mimetico e atteggiamenti apparentemente bellicosi). In termini nostrani, mi è piaciuto questo sito personale (http://www.msmountain.it/varie/attrezzatura/bussola.html).

La prossima volta, a voi piacendo, iniziamo con i tecno-goodies dell’era moderna.


Carlo Palazzini