Il Glicine di Romena

Il glicine di Romena
Quivi è Romena dove io falsai la lega suggellata del Battista…. Dante, inferno

Ero andato alla pieve di Romena per un matrimonio e stavo guardando costernato il grande e antico glicine che ne orna il muro antistante la chiesa, era una pianta bellissima e ogni volta che passavo da quelle parti non potevo fare a meno di ammirarla: per come era disposta, per la perfetta potatura che ogni anno mani sapienti preparavano alla fioritura. Adesso il grande glicine era stento e spoglio, troppo coperto dai due tigli e con rami rotti e secchi, potato malamente e con uno dei due tronchi ormai morto. Mentre ero lì che lo guardavo una signora mi ha spiegato che la gestione della chiesa e degli annessi era cambiata e il glicine era stato potato ( male) nel Luglio scorso; quando ha capito che un po’ ci capivo mi ha pregato di potarlo e di ridargli la forma. Non volevo accettare, anche perché il rischio di finire di rovinare una pianta simile e in quel posto, mi faceva stare male, alla fine ho accettato e mentre pioveva ho cominciato la potatura conscio dell’onore e della responsabilità.
Ieri, Pasquetta, sono ritornato a vedere l’esito di questo primo intervento e a fotografarlo, non vi dico la soddisfazione e il sollievo di vederlo fiorito come potete vedere dalle foto.
Romena è uno di quei posti dove tutti dovrebbero andare almeno una volta e magari in primavera. L’atmosfera di pace e di serenità grandiosa che vi si respira è un balsamo per chi è avvelenato dagli spazi e dai ritmi della città, il prato immenso dietro l’abside dove si vede nettissimo sopra il colle il castello di Poppi, dove Dante abitò da sbandito fiorentino, scrivendo il suo capolavoro e sognando di tornare a Firenze. Guardando in alto si vedono i resti del castello di Romena e in fondo al grande prato si erge la bellissima Pieve. All’orizzonte sfumano le montagne del Pratomagno da un lato e dell’appennino Tosco romagnolo con le bellissime foreste di Camaldoli e il crudo Sasso della Verna .Tra i due castelli la Piana di Campaldino dove l’11 Giugno 1289 i guelfi fiorentini (ma anche i pisani, gli empolesi e i senesi, aiutati dall’esercito francese) riuscirono a sconfiggere i ghibellini aretini guidati dal vescovo Guglielmino degli Ubertini.
Se uno ha voglia di fare una piccola escursione si può fare la salita al castello di Romena, sono poco più di due chilometri e quindi alla portata di tutti, mentre si sale si incontrerà la Fontebranda vicino a una torre di guardia (“ Ma s’io vedessi qui l’anima trista di Guido o d’Alessandro o di lor frate- per Fontebranda non darei la vista…”)
Poco dopo Fontebranda ai primi contrafforti del castello una grande querce sovrasta il sentiero come un ombrello immenso. Il candore accecante dei biancospini contrasta con il verde tenero delle foglie nuove, riempiendo di profumi l’aria del bosco, intorno querce, acacie, tigli, castagni, ippocastani in fiore….
Si arriva in cima dove il castello, parzialmente abitato, domina tutto intorno un paesaggio maestoso di boschi, montagne valli castelli e prati a perdita d’occhio, un bellissimo doppio filare di cipressi incornicia la strada che porta all’ingresso.
Se qualcosa di triste vi agita l’anima….. andate a Romena.
Gianfranco Landini