Presagi d’autunno sul Monte Carpano

 

Cancellino-Carpano

 

Una giornata prettamente insipida e lattiginosa di mezz’ottobre, la morte dei contrasti e l’orrore della dignitosa fotografia, ma che non è riuscita a guastare la bellezza dei panorami che si godono dal crinale a nord del noto Passo dei Mandrioli.
L’idea è stata di scarponare verso il Monte Carpano ma, anziché dal più breve 00/GAVB che “attraversa” il passo, percorrendo bensì parte della fu sede ferroviaria Cancellino-Lama, imboccabile dal piazzale dell’ex stazione capolinea lungo la SR71.

 

Cancellino-Carpano

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La scarponata viene battezzata da un nebbione in quota che rende molto adventure l’esordio, ma che per fortuna a breve si dissolve completamente. Sarà il cielo, purtroppo, a rimanere beffardamente velato quel tanto che basta ad obnubilare le vedute lontane e a costringere ad una successiva “tiratina al banco” delle foto. Ma abetine e faggete live sono un incanto che nessuna foto può anche solo lontanamente imitare.

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Il primo milestone è costituito dalla Fonte del Re, ai piedi di Cima del Termine, dove uno stonatissimo rubinetto cromato rifornisce le nostre borracce di glaciale acqua di produzione locale. Lì accanto, dei pannelli informano del progetto RESILFOR per il reimpianto di abete bianco autoctono mediante tecniche di clonazione.

 

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La strada prosegue nel suo lieve e piacevole acclivio, tipico delle strade ferrate. Ancora intatti sul bordo i cippi chilometrici progressivi dal Cancellino (che è il km 0), riportati pure nella carta escursionistica ufficiale PNFCMF&C (ma stranamente non nelle IGA).
Ogni tanto capitano i buffi gabbioni in castagno delle colture RESILFOR, con i giovani virgulti al loro interno così protetti da ungulati.

 

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Chiodini e micene, trombette e pennenciole, clevarie e ordinali… noi li conosciamo poco e non li raccogliamo, ma ce ne sono a montagne, commestibili o meno, e rendono più interessante, colorato e profumato il cammino.

 

La foresta, già dissanguata a cavallo del rinascimento dalla medicea repubblica fiorentina e successivamente soccorsa e curata dal granduca Leopoldo 2 per mano di Karl Siemon, all’alba dell’unità nazionale e con i Lorena in ritiro (e chissà se in fondo la Toscana c’ha veramente guadagnato, se ci passate il pensiero blasfemo…) venne assalita dalle crescenti avidità d’industrializzazione a tutti i costi, sotto la scusa del progresso (generalmente quello di propri conti bancari…). E così il locale cav. Tonietti, all’alba del XX secolo, rilevò a svendita le magiche foreste, costruendovi pure la miniferrovia di quasi 20km col tortuosissimo percorso dal Cancellino alla Lama (di tipo Decauville, termine derivato dall’omonima azienda e successivamente generalizzato per indicare strutture di trasporto vincolato molto semplici e rustiche, a scartamento di 60cm e assai in voga in quel periodo per utilizzo industriale o forestale).
L’opera spietata e devastatrice venne fermata a furor di popolo dopo 13 anni, con lo stato che finalmente si appropriò dell’area. La ferrovia continuò a funzionare con regimi più equilibrati per qualche ulteriore anno, con ottiche di più salutare smacchio anziché predatoria deforestazione, per venire infine smantellata e sostituita da autocarri.
Oggi, oltreché strada di servizio, costituisce la gioia dei bikers.

 

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Al Passo dei Lupatti c’è l’attraversamento dello 00, col ramo che prosegue a ovest (P.so dei Cerini, Crocina…) abbastanza visibile mentre quello che ci interessa, che risale verso est, se ne esce di sottecchi in antiparallelo alla nostra destra. La segnaletica non aiuta granché ma carta e GPS confermano che è lì… e per vederlo occorre voltarsi all’indietro.
Lasciamo quindi l’ex sede ferroviaria, che se ne prosegue nella lunga e dolce discesa verso La Lama con qualche milione di tornanti.

 

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Ora lo 00 entra nel pieno di una fantastica faggeta che, anche se semi-defoliata, è di un fascino inesauribile. Completano il quadro scorci di marne lontane intraviste dal bordo del più ripido versante romagnolo. Il nutrito segnavia “incrocio GEA/00” si trova poco più a N e una trentina di metri più basso di Cima del Termine, 1277, la quota localmente più elevata. Da quel punto, proseguendo sul CAI 201 con indicazione Poggiaccio, si entra in Romagna camminando sempre sul bordo del Parco.

 

Cancellino-Carpano Cancellino-Carpano

La pista romagnola è immediatamente caratterizzata dalla viscida ed erta discesa verso il Prato ai Grilli. Saranno almeno un paio le occasioni in cui, tra foglie traditrici, melmosi grufolamenti e levigati scivoli d’arenaria, si sarà messo l’osso sacro a serio repentaglio!
L’agognato innesto sulla strada bianca proveniente dal Nocicchio fa tirare un sospiro di sollievo, con annesso godimento della ritrovata luce diurna, dei ciclamini, degli sparuti crochi, del panorama… Sul fatto della conseguente ascesa in senso inverso ci penseremo nel pomeriggio. Ora ci faranno compagnia le indicazioni del GAVB, Grande Anello Val di Bagno.

 

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 La strada bianca, sempre CAI 201/GAVB, prosegue verso nord e, dopo l’aggiramento del Poggiaccio, va ad offrire viste goduriose a tutto giro: a N il Carpano; a W, a coronare la sottostante magnifica valle di Pietrapazza, l’intero crinale dal M. Cucco alla Giogana e su al Falterona; a S il crinale tra Valle Santa e Valle del Savio; a E la Valle del Savio stessa, il Comero e il Fumaiolo. Giusto per citarne i principali e scusate se è poco.

 

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 Un viadottino che fa da ponte verso la Colla del Carpano migliora ulteriormente i dettagli percepibili della Valle di Pietrapazza e, dall’altro lato, permette una veduta diretta su Bagno di Romagna, dall’inconfondibile campanile della basilica di S. Maria Assunta, 4km laggiù in riva al Savio.

 

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 Lo stradello, qui interdetto al traffico motorizzato, diventa quasi un viale mentre il Carpano mette bene in mostra le sue ampie strisce di levigata arenaria, quasi fossero piste sciistiche.

 

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Il Passo (o Colla) del Carpano è costituito da un quadrivio, con diramazioni laterali del proseguente 201. A sinistra prosegue la strada bianca, che scende verso Pietrapazza e prosegue verso Strabatenza e Ridracoli (segnavia 209/VBT). Poco dopo, a destra il CAI 189 (VBT, Val di Bagno Trek/GCR) scende su antico percorso verso Bagno.
Il passo era un nodo di collegamento tra le valli del Bidente-Lama, la Valle del Savio e il Casentino. VBT ha voluto porvi a memento un cippo di arenaria con incisi versi da “In volo”, del Banco Mutuo Soccorso, 1972.
E noi prendiamo un “quinto ramo”, semplicemente segnato VBT, che risale la marnosa pineta del fianco del Monte Carpano.

 

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 Lungo la divertente ascesa troviamo i resti della “Osteria del Monte Carpano”. Leggenda vuole che i resti appartengano ad una osteria del ‘700 che alleviava il duro lavoro e cammino di chi da Bagno andava a lavorare nella Foresta della Lama.
Una plasticottica zoomata sul pianoro di Nasseto e il vicino Poggio Alto lo fa sembrare il Machu Picchu… Da lì transita il sentiero ricalcante la via Romea di Stade, nel tratto che dalle Gualchiere porta al
Passo di Serra. Alle sue spalle Castel dell’Alpe e attorno le creste dell’Alpe di Mandrioli e dell’Alpe di Serra, ovvero la separazione tra Valle Santa a W e Valle del Savio e Alta Tiberina a E.

 

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 Adesso lo stomaco reclama la sua parte, ma troviamo libera – perbacco! – solo una malmessa e traballante panchina, sulla qual sediamo a turno per evitare ribaltamenti. Il pranzo, visto quello che ci aspetta, è rapido ma energetico: cornetti integrali al miele, approvvigionati di prima mattina presso nota pasticceria basso-casentinese. Dopodiché inizia la perigliosa risalita verso il suolo aretino.

 

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 L’arrivo con doveroso fiatone all’incrocio 00 appaga non poco, quasi un piccolo trionfo. E se ne esce pure il sole. Quasi una beffa, ma almeno permetterà di gustarsi migliori contrasti e cromatismi sulla restante strada di ritorno!

 

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 La stupenda faggeta dai sinuosi fondi e dalle mille sfumature.

 

Chi frequenta questi luoghi è ben consapevole dei silenzi che vi si godono, con ovvio paragone agli ormai eccessivi dBA di fondo cui siamo quotidianamente sottoposti nella vita civilizzata, motorizzata e pure smartphonizzata.
Sui crinali, di solito il sottofondo è pregno di sommesso stormire di fronde ma qui, ora, le fronde sono quasi spoglie e l’aria immobile. E la zona deserta. Fermandosi e smaltendo il fiatone, a poco a poco da un silenzio quasi surreale l’orecchio, così come al buio si allarga la pupilla, aumenta la sensibilità e comincia a percepire una serie sterminata di microsuoni, vicini e lontani, la vita stessa della foresta, vibrazioni impercettibili se non vi si presta la dovuta concentrazione. Il classico ossimoro di silenzio-assordante magicamente si materializza, specialmente chiudendo pure gli occhi. E lo scenario, e i profumi… Dire inebriante non rende ancora l’idea.

 

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 Rientrati nella “ferrovia”, stavolta esplorando alcune scorciatoie, decidiamo unanimemente che questa come un’altra è un’occasione per auto-premiarci con un biscottone al cioccolato.

 

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 Il Cancellino, stazione capolinea nonché posto di assistenza e ricovero dei rotabili. Un vecchio annesso è ora recintato causa parziale crollo. Qui era esposto (o forse lo è tutt’ora in stagione calda) uno dei vagoncini porta-tronchi a suo tempo utilizzati. In bella mostra, invece, il novello mezzo gommato assai più versatile ed efficiente.

 

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Il plot del giro mette in bella mostra la pendenza del tratto “incrocio GEA/00” – Prato ai Grilli: 200m di dislivello su 800m di percorso, senza un pianerottolo di respiro. Ma, come sottolineato, la difficolta di stagione non è la pendenza per sé bensì l’accoppiata con la sua perfida scivolosità.

 

Un paio di riferimenti interessanti sul “trenino della Lama”:

http://www.armanduk.com/trenobadia.html

http://www.badiaprataglia.com/Trenino_lama.htm

 

Saluti a tutti da Carlo Palazzini e Gianfranco Landini